OLTRE GLI SCHEMI – CURARE LA CITTÀ
Perché vince su tutto l’orgoglio del fare
– Renzo Piano
Perché vince su tutto l’orgoglio del fare
– Renzo Piano
Il movimento civico Ge9Si nasce oltre 5 anni fa per cercare di dare una risposta alla crisi di rappresentanza dei partiti e recuperare i cittadini all’impegno civico per la loro città. Non nasce “contro” ma nasce “per”, ritiene indispensabile conoscere e approfondire i problemi di una comunità per poter dare risposte adeguate (“conoscere per decidere”)., superare lo schema ideologico e partitico fine a se stesso ( “privilegiare la competenza rispetto all’ appartenenza”) pur riconoscendosi in valori e ideali fondati sulla Costituzione Italiana, sulla democrazia, la libertà, i diritti di tutti e per tutti, ad iniziare dall’uguaglianza delle opportunità, la giustizia sociale, il benessere individuale e collettivo.
Tutto ciò richiede impegno costante in tutti i settori, visione, capacità di ascolto e partecipazione e la consapevolezza che la comunità con cui ci confrontiamo è complessa perché complesso è l’organismo urbano, i problemi vecchi e nuovi che emergono (emarginazione, nuove povertà, qualità urbana ad iniziare dalle periferie, crisi industriale e occupazionale, dissesto idrogeologico, inquinamento, disagio giovanile e situazione della popolazione anziana) e articolate ma decise devono essere le risposte che dobbiamo saper dare.
Tutto ciò avviene in un contesto già di per se difficile avendo la città conosciuto l’effetto pesante della deindustrializzazione, ridotto la sua popolazione, ripiombata dopo un periodo di ripresa e vigorosa vitalità ( dagli anni dei Mondiali al G8 e al 2004 Genova capitale europea della Cultura) che ha consentito di rimettere in campo valori urbani, culturali e prestigio, un decennio di confusione e immobilismo tipico di una città in declino. Ciò è stata anche la causa di un deciso cambiamento dell’assetto politico alla guida della città da molto tempo e il conseguente rifugiarsi nel voto ai partiti da sempre all’opposizione.
Il cambiamento è stato avvertito soprattutto in un marcato dinamismo che il nuovo Sindaco ha impresso alla città recuperando e portando a termine importanti progetti avviati da molti anni prima ma fermi per diverse ragioni, avviandone di nuovi di cui da tempo si parlava senza trovare soluzione, gestendo positivamente la grave situazione che era venuta a determinarsi per effetto della caduta del viadotto Morandi e sbloccando scelte che ingessavano la città da troppo tempo.
Certo non tutto è stato perfetto, alcune scelte sono e restano discutibili, carenze emergono nella gestione del centro storico e nel sistema della manutenzione della città e tanto resta da fare ad iniziare dal definire una strategia che guardi almeno a 20 anni, che si faccia carico di un attento
esame di come demografia, tecnologia, fenomeni sociali potranno caratterizzare almeno i prossimi due decenni e ricavare da questo attento esame l’orizzonte entro il quale collocare un progetto di città, la sua relazione con il territorio più ampio di riferimento e il mondo. Per far ciò c’è bisogno di non interrompere il dinamismo impresso alla città, accelerare i progetti in
corso soprattutto quelli che consentono di superare rapidamente uno dei problemi più evidenti di Genova e cioè il suo isolamento dall’esterno e il perdurante caos nel sistema dei traporti interni, restituire competitività alla città e al suo territorio al fine di attrarre investimenti, “curare” la città e i suoi cittadini, diffondere un clima di fiducia e di speranza, superando diseguaglianze e emarginazione.
Questa è la città che noi volgiamo e per la quale non rinunciamo a impegnarci fornendo proposte e la disponibilità a collaborare per traguardare con costanza e decisione gli obbiettivi in cui crediamo.
LA CITTÀ CHE VOGLIAMO IN SINTESI
NOTA E CONSIDERAZIONI SU ECONOMIA LIGURE E GENOVESE
1. Considerazioni
Lo sviluppo di un territorio mette in gioco molti più attori rispetto ad un tempo; richiede una partecipazione sinergica e di integrazione che deve generare una vision condivisa di progetti, di azioni, di percorsi, questo progetto a medio temine forse manca e ci si muove in maniera disordinata e i risultati si vedono: un territorio è dinamico solo se è attrattivo, cioè attira risorse ( economiche, imprese, risorse umane di qualità, centri di ricerca ecc) da “ fuori “ e risorse disponibili oggi , ma
anche ieri , sono tante e non da ultimo il PNRR.
L’attrattività è una risorsa fondamentale e misura la sinergia che tutti gli attori del territorio vanno verso la stessa direzione. Tre sono le condizioni:
a. i servizi offerti dal pubblico e loro qualità.( soggetto trainante: le amministrazioni locali ) Chi è deputato ad assicurare questi i servizi gioca un ruolo fondamentale nel predisporre le condizioni e le premesse per lo sviluppo del territorio ( es: infrastrutture, centri logistici, la scuola, servizi per l’infanzia, ospedali di livello, trasporti e mobilità veloci e di interscambio,strutture sanitarie e di benessere, sicurezza centri culturali, reti telematiche ad alta velocità, qualità della vita ad alti livelli, e tanti altri … );
b. un sistema produttivo di imprese e servizi ( soggetto trinante gli imprenditori, le banche, gli investitori, le università) il territorio deve possedere un sistema produttivo articolato fatto da una rete e da filiere di imprese e servizi con aree di specializzazione elevate per massimizzare le sinergie e orientare la ricerca e lo sviluppo; di un mercato del lavoro dinamico, qualificato;
c. avere un progetto territoriale ( soggetti pubblici e privati ) E’ indispensabile avere un progetto a medio termine di dove si evidenzia vuole andare e che cosa vuole essere un territorio ( valorizzare le vocazioni del territoriali sulla base della storia e della tradizione e della identità; il progetto dà il senso sia del lavorare e costruir insieme, ma anche del differenziale territoriale e storico , elemento questo moltoradicato che deve diventare un punto di forza; Serve una strategia per i prossimi 20 anni : fare investimenti e dove; fare innovazione dove; fare ricerca dove e con chi ; creare le opportunità per una crescita dimensionale delle imprese; aiutando le imprese familiari al ricambio generazionale con il supporto di manager e scuole manageriali; sostegno all’ export; si ricorda che l’innovazione non è un fattore “ solitaria” ma è il risultato di un processo interattivo che necessariamente coinvolge più soggetti: imprese, università, centri di ricerca ,soggetti pubblici e privati e finanza e la loro forza sta nel fare sistema; da dove partire? la città ha un patrimonio di industrie di servizi di tutto rispetto ; questo patrimonio va valorizzato, integrato , ma ciascun deve fare in primis bene il suo mestiere ma anche fare sistema, una scommessa non impossibile e ci sono tutte le condizione per farlo. Fatta questa premessa di metodo si evidenziano i punti più critici sui quali costruire progetti :
2. PIL e Valore Aggiunto
Nel periodo 2008-2019 ( ultimi dati disponibili Istat, ma comunque significativi per un confronto tra territori) Il Nord Ovest ha avuto una crescita del 11,2 %; il Nord Est del 15%; l’Italia del 9,2%; Il Piemonte del 7,3%; la Lombardia del 14%,; Emilia Romagna del 15%; Toscana del 15%; Friuli VG del11%; la Liguria
del 3%; un dato questo che evidenzia da subito che qualcosa non va !!! Nel sistema della produzione della ricchezza della regione: Crescita molto lenta quando non è ferma non dissimile da quella del SUD del paese.
I dati si riferiscono alla Liguria:
➜ Il Pil per abitante del 2020 è rimasto fermo al 2008 ( euro 30.357);
➜ il VA per abitante fermo a euro ( 27.350) ;
➜ il reddito disponibile per le famiglie consumatrici fermo a euro 21.421; ( il dato del paese è di 18.880; Lombardia 22.450; Emilia Romagna euro 22.140; Piemonte euro 20.900).
I dati del VA per abitante per le provincie sono aggiornati al 2019:
Genova euro 32.990; Savona euro 25.134; Bologna euro 37.870; Milano euro 49.800; Trieste euro 32.124; Torino euro 30.128; Firenze 38.400; Roma 35.200; Napoli 18.200. Il valore aggiunto per settore evidenzia la ricchezza prodotta dal sistema produttivo , quanto in termini economici e il tasso di crescita; il riferimento è sempre 2008-2020 perché questo misura la dinamicità del territorio;
Dato relativo alla Regione Liguria: valore aggiunto prodotto passa da 43,8 mld a 44,8 mld del 2019 ( +2% ); a 41,6 mld del 2020 ( -5%) per effetto della pandemia; in ogni caso al 2019 una crescita del 2% in 12 anni è assolutamente mortificante !! in analitico quasi tutti i settori produttivi perdono tra il 5-20% nel 2020 sul 2008; è
comunque interessante confrontare i dati sul 2019 /2008 perché da il senso della staticità economica della regione:
➜ Manifattura VA 4,7 mld ,-6%;
➜ Agricoltura VA 0,400 mln,-16%;
➜ Costruzioni VA 1,9 mld,-10%
➜ Servizi 32,6 mld , +3%;
➜ Commercio VA 4,6 mld,-13%
➜ Trasporto VA 5,3 mld, -8%
➜ Alloggio e ristorazione VA 1.9 mil,+3%;
➜ Attività finanziarie e assicurative VA 1,8 mld, -16%;
➜ Attività immobiliari Va 7,9 mld, +25%;
➜ Attività professionali e tecniche, Va 3,5 mld ,-6%
dal sintetico quadro appare un quadro desolante del sistema produttivo che in 12 anni ( escludendo il 2020 per la pandemia ) evidenzia un collasso sistemico, che non ha confronti con altre economie regionali del Nord.
Dati relativi a Genova i dati relativi alla provincia di GE mantengono gli stessi caratteri della regione (rappresentando il 61,6% dell’economia della regione stessa ; con qualche leggero miglioramento):
➜ totale Va economia passa da 25,9 mld del 2008 a 27,3 mld del 2019 ( + 5%) ;
➜ manifattura VA 2,7 mld ,-3%;
➜ Agricoltura VA 0,60 mln,,-1%;
➜ Costruzioni VA 1,2 mld, 0%
➜ Servizi 21,7 mld , +3%;
➜ Commercio, trasporto, alloggio VA 7,6 mld,- 8%
➜ attività finanziarie e assicurative VA 1,1mld, -10%;
➜ attività immobiliari Va 4,5 mld, +26%;
➜ attività professionali e tecniche, Va 2,4 mld ,-2%
3. SETTORI PRODUTTIVI
i fattori che in qualche modo influenzano- condizionano i risultati prima visti sono molteplici ma in modo sintetico si possono al fine del presente documento i seguenti:
4. ANDAMENTO IMPRESE GENOVA (fonte Camera Commercio Genova 2021)
In prov. Genova nel 2021 erano attive 70.478 contro 70.084 del 2020 , variaz. circa +400 unità, +0,6%. I movimenti 2021 : iscrizioni 4.257, cessazioni 3.663, saldo 2021 +594, lo 0,8% sul totale imprese attive 21. che tipo di imprese sono ?
da punto di vista giuridico:
I settori in difficoltà 2021:
5. OCCUPAZIONE
Il tasso di occupazione nel nostro paese non è al livello di altri paesi con cui ci si confronta, è più basso di parecchi punti. (Italia 58,1%; Germania 77,8%; Svezia 75,5%; Francia 65,1% ) dati riferiti al 2020 Alcuni confronti regionali.
La Liguria è la regione del Nord con il tasso di occupazione più basso; Genova è la città del Nord con il tasso di occupazione più basso, dopo Torino; Torino , Milano, Bologna diversamente da Genova hanno “ patito l’effetto della pandemia” e nel 2019 di dati erano 3/5 punti superiori; quindi le distanze con Genova sarebbero ancora superiore. Va ricordato che il differenziale di genere è di circa 7-10 punti a danno delle donne.
6. TASSO DI DISOCCUPAZIONE
Genova e Torino hanno un tasso di disoccupazione tra i piu elevati del Nord.
7. TASSO DI INATTIVITÀ
8 . TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE
Genova e Torino hanno un tasso di disoccupazione giovanile tra i piu elevati del Nord. il tema dell’occupazione è un a questione molto seria per Genova che si trova nella triplice condizione di avere il tasso di occupazione tra i più bassi, un tasso di disoccupazione e in particolare disoccupazione giovanile tra i più elevati, e tasso di inattività molto elevato. Va tuttavia osservato che il Comune di Genova dichiara che nel periodo 2017-2021 si sono insediate 37 nuove aziende e il numero dei nuovi occupati nel periodo 2017-2021 nel comune di Genova è stato di 24.000 unità
9. ECONOMIA DEL MARE (dati nazionali 2019)
La filiera del mare produce un VA diretto di 47,5 mld di euro , un valore aggiunto indiretto di 89,4 mld con una ricaduta sull’economia nazionale dell’8,6%. E’ stato calcolato che ogni 1 euro prodotto dalla blue economy ha un moltiplicatore medio sull’economia di 1,9 euro; per essere più puntuali questi sono i moltiplicatori per i settori componente la filiera:
Le prime 5 città del paese che contribuiscono con 18,6 mld di euro su 47,5 mld del totale VA, pari al 39% sono: Roma 7,5 mld; Genova 3,5 mld; Napoli 3 mld; Milano 2,4 mld; Venezia 2,2 mld; mentre l’economia del mare rappresenta per Trieste il 15,5% del VA prodotto nella provincia; per Genova il 12,8%; per La Spezia il 12,4%;
La Liguria è la prima regione per n. di imprese legate alla economia del mare ( quasi 16 mila imprese pari al 10% circa del tot imprese del territorio); in termini di incidenza sulle imprese provinciali la prima a livello nazionale è La Spezia con 3 mila imprese( 14%); Genova non è presente nelle prime 5.
Prendendo in esame le diverse componenti della filiera Blue Economy le città che hanno un combinato disposto di un tasso di specializzazione e il numero di imprese alto sono:
➜ cantieristica: la Spezia con tasso 5,3%; Genova con tasso 3,8%; quelle con più imprese: Roma con 2.926, Napoli con 2.014, Genova con 1.463.
• movimentazione merci e passeggeri: Venezia con tasso di specializzazione 10,3%; La Spezia 7,3%; Genova 6,3%; Trieste 6%; con più imprese, Venezia 1.540; Napoli 1.475; Genova 1.045;
• turismo ( Alloggio e ristorazione +attività sportive ): tasso di specializzazione: Rimini 5,3%; Savona 4,3%; La Spezia 4,2%; Trieste 3,7%; con più imprese dedicate: Roma 25.272;Napoli 11.646; Venezia
4.708. in conclusione Genova nella Economia del Mare: 3,5 mld di euro di VA che rappresenta il 12,8% dell’economia della città; 46.500 occupati che rappresentano l’11,8% degli occupati; Trieste: 1,2 mld circa di VA che rappresenta 15,5% dell’economia della città ; 14.300 occupati che rappresentano il 13% degli occupati totale; Savona e La Spezia VA circa 730 mln ( il 10-11% del l’economia;) e circa 13 mila occupati , 11% per Savona e il 14% per La Spezia sul totale occupati rispettivamente.
10. RICERCA E SVILUPPO (fonte dati Istat)
Liguria: gli investimenti /PIL dal 1,46% del 2015 al 1,34% del 2018 ( -8%); il Friuli VG ( regione per un certo verso confrontabile con la Liguria ) da 1,57% del 2015 a 1,67% del 2018 ( +6,3%); chi fa investimenti nello stesso periodo :
➜ imprese : Liguria -6% mentre in Friuli VG +11,5%;
➜ Istituzioni Pubbliche: Liguria 6,8%; Friuli VG 23,4%;
➜ Università: -3,3%; Friuli VG +7%;
11. DIGITALIZZAZIONE
L’Italia rispetto agli altri paesi è fortemente in ritardo nei processi di digitalizzazione, è al 25 posto su 28 paesi.( dopo di noi solo Bulgaria, Grecia e Romania !!)( fonte indice Desi 2020). Per quanto riguarda le regioni italiane Lombardia e Lazio si collocano ai primi posti ( punteggio 72/100);
La Liguria si posiziona al 9° posto ( 57,5/100) , il Friuli VG al 5°posto ( 65/100) ;
Il posizionamento è dato dal risultato di 5 indicatori : Connettività, capitale umano, uso di internet, integrazione delle tecnologie digitali, servizi pubblici digitali ; la Liguria si colloca tra le prime regioni solo per connettività; in tutti gli altri indicatori si colloca a mezza graduatoria.
In uno studio sul tema della banca Intesa San Paolo del 2021 le imprese che hanno effettuato nel 2021 almeno un intervento sulla digitalizzazione sono in Liguria l’11% mentre nel Friuli VG sono il 20%;le imprese con più di 10 add che hanno effettuato almeno un investimento in tecnologie digitali nel triennio 2016-2018 sono il 56% collocando la Liguria nella 17° pos prima di Marche, Abruzzo e Molise.
12. CONFRONTO TRA CITTA: POSIZIONAMENTO
Esistono da anni metodologie che utilizzando quasi 100 indicatori economici e sociali permettono di confrontare città tra loro ma anche di misurare lo sforzo di “ miglioramento “, i risultati ottenuti ; possono anche ritagliare un “ profilo identitario di una città” individuando e scegliendo settori e campi cui dare precedenze ed importanza. E’ un importante strumento di marketing territoriale che consente “ vendere la città” e di attrarre risorse, investimenti .Genova è da molti anni che non si colloca tra le prime 10 città del paese e neanche nelle prime 20 ; nel 2021 si era posizionata al 26° posto e su molti indicatori era nella parte bassa della classifica.
Chi fa investimenti da tempo studia questi dossier per decidere dove farli; ma in particolare ha a disposizione uno strumento di comparazione, assieme al BES dell’Istat , certificato , di qualità per capire senza “partigianerie “ che cosa offre una città , i suoi punti fi forza, le sue qualità.
13. CONCLUSIONE
Genova dal punto di vista economico è ferma da oltre un decennio quando non peggiora il suo posizionamento; lo si vede “ antropologicamente “ nei suoi abitanti che non aspirano, che accettano un degrado lento ma percettibile , si accontentano; vivono nelle loro “ appartenenze sociali e chi può delle loro rendite economico-finanziarie “; la città ha una classe dirigente “ vecchia “ che non osa, ma gestisce e controlla affinché poco – nulla cambi, è a loro somiglianza!! non scommettono su questa città , non investono ma “ vivono di relazioni, costano poco niente ma consentono il mantenimento. “ Gli indicatori economici evidenziati non danno molte speranze.
Nel 1980 Genova era la 3 città per PIL/ procapite …. pensava in grande e si immaginava una città di quasi 1 milione di abitanti … ma siamo andati dalla parte opposta……verso un costante e a volte impercettibile scivolamento ….
Se ne esce solo richiamando risorse da “ fuori “; per fare questo ci vuole un progetto di città del futuro che deve essere costruito e sentito dalla città ; chi si fa carico di questa idea? Qualche giovane? non ha competenze né la storia che non la conosce; ci deve essere QUALCUNO che in un momento di LUCIDITÀ, DI EUFORIA o di FOLLIA chieda a questa vecchia classe dirigente CHE NON SI PUO’ PERMETTERE di farsi carico di un fallimento ma di lasciare donare alla città un PROGETTO FUTURO CHE QUALCUNO POI REALIZZERA’.
GUARDARE AL FUTURO PER GOVERNARE IL PRESENTE
Ora è finalmente venuto il momento che le diverse forze politiche inizino a proporre ai genovesi le loro idee sul futuro e sul profilo della città.
Noi cerchiamo di dare il nostro contributo introducendo temi relativamente nuovi ma che, a nostro avviso, stanno assumendo e assumeranno rilievo tutt’altro che trascurabile.
Inizio con il dire che occorre buttare lo sguardo oltre i confini della nostra città non per sfuggire dai problemi ancora irrisolti ma per trovare oltre il nostro spazio, gli elementi che possono contribuire alla crescita di Genova.
Chi ha avuto modo di seguire l’Expo’Universale di Dubai o conosce il grande sviluppo dell’ingegneria ferroviaria in Cina e in Giappone, si è reso conto degli straordinari progressi che stanno caratterizzando il sistema dei trasporti sia per le aree urbane che per i collegamenti a lunga distanza. Su questo mi soffermo in quanto sarà questo il sistema che marcherà la differenza tra oggi e le città nei prossimi 30 anni. In particolare la distanza che oggi si frappone tra Milano Genova e Torino resterà invariata dal punto di vista della lunghezza chilometrica, ma si modificherà al punto da rendere risibili i 130 km che oggi separano il capoluogo ligure dalle due importanti città piemontese e lombarda. Nascerà un nuovo territorio tenuto insieme dal sistema dei trasporti e da collegamenti che in poche decine di minuti consentiranno lo spostamento da un capoluogo all’altro generando così una megalopoli le cui funzioni messe al servizio di tutta la comunità saranno la leva della crescita.
Ciò vale per le persone e non di meno per le merci che, per Genova, rappresentano il vero valore aggiunto della sua economia.
Se questo è l’orizzonte cui dobbiamo costantemente rivolgere lo sguardo occorre che le nostre azioni, anche nel tempo limitato di uno o due cicli amministrativi si sviluppino tenendo conto di quella prospettiva.
Va da sè che le scelte urbanistiche, sociali, industriali, imprenditoriali devono trovare ispirazione da un contesto locale e “regionale” che metta a sistema, in una logica di mutualità, le diverse risorse ed eccellenze che l‘ampio territorio esprime. Questo può avvenire in tutti i settori; dall’industria alla finanza, dalla medicina alla ricerca, dai sistemi formativi di base alle Università, dalla logistica al consumo, dal sistema della mobilità interna all’energia, dalle utility ai servizi di carattere generale.
Abbiamo la fortuna di vivere in un territorio tra i più sviluppati d’Europa, con le migliori università, il migliore sistema sanitario con centri di ricerca eccellenti, industrie avanzate e con un sistema infrastrutturale sviluppato (salvo per la Liguria) e con un paesaggio e una natura, e nel caso di Genova, un clima invidiabile.
La nuova geografia che verrà a determinarsi per effetto della riduzione dei tempi di collegamento tra i tre capoluoghi fino a costituirne uno unico, non deve intimorirci ma, anzi, va colta come opportunità di crescita che deve essere, però, necessariamente accompagnata da azioni mirate a livello di comunità locali ove le risorse generali vengono usufruite da ognuno secondo un modello organizzativo basato sul principio di prossimità. In questo scenario che deve collocarsi il concetto di superamento della periferia.
SERVE RESPONSABILITA’ E SENSO CIVICO
Già da ora, ma nei prossimi anni ancora di più, i cittadini sono chiamati a rispondere con alto senso di responsabilità civile e partecipazione alle tante sfide che gli avvenimenti susseguiti negli ultimi anni, pongono al mondo intero e alle piccole parti di cui esso si compone.
Alcuni fatti, inaspettati e imprevedibili hanno caratterizzato gli ultimi due anni imponendo un ‘accelerazione alla transizione ecologica già resasi indispensabile a causa dello stress ambientale determinato da uno sviluppo insostenibile per l’intero pianeta.
Prima la pandemia, poi la guerra in Europa hanno lasciato tracce indelebili su consumi, stili di vita e comportamenti individuali e collettivi destinati a modificare sensibilmente l’organizzazione sociale delle comunità locali.
Infatti crisi sanitaria, ambientale ed energetica sommate all’aumento della popolazione mondiale che andrà a vivere nelle aree urbane costituiscono lo scenario entro il quale muoversi affrontando con decisione e senso di responsabilità, specie per le future generazioni, tutte le misure necessarie a contenere il danno e a invertire la tendenza al pauroso declino.
Il problema è globale e interessa tutto il pianeta ma ognuno è chiamato a fare la sua parte iniziando a tutelare il bene comune che riguarda il benessere individuale e collettivo, la salvaguardia dei valori del proprio territorio ad iniziare dal patrimonio culturale e dal paesaggio che per il nostro paese e per la nostra città costituiscono elemento imprescindibile di tutela e valorizzazione.
Il valore di questi bene , così importante da essere inserito nella nostra Costituzione (art.9 : “La Repubblica … tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”) ha assunto rilievo tale negli ultimi anni da richiedere un’integrazione alla Carta Costituzionale con la proposta di legge costituzionale approvata l’8 febbraio 2022 dal Parlamento che inserisce la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi fra i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica italiana. Questo determina il principio cardine attorno cui far ruotare la ripartenza del Paese e dunque dalla città italiane.
A questo intendiamo ispirarci nel proporre un programma di interventi nel settore della mobilità il cui impatto sotto il profilo ecosistemico e sociale è rilevante.
La città, organismo urbano complesso, è il centro della crisi ma anche il fulcro della positiva evoluzione che il cambiamento impone. Ma soprattutto è come osserva Andrea Lenzi Presidente del Comitato di Biosicurezza, Biotecnologie e Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Presidente dell’Health City Institute-”.
Il bene comune richiama tutti i cittadini all’etica e al rispetto delle regole di convivenza civile che ci siamo date, ad un circolo di comportamenti virtuosi fatto di rispetto reciproco, in cui non c’è chi guadagna e chi perde, ma si vince tutti, perché si agisce nell’interesse di tutti e nel rispetto di ciascuno.
Bene Comune sono uomini e donne, cittadini che non si preoccupano semplicemente di pagare le tasse, ma costruiscono, sostengono, giorno dopo giorno, la vita della società, della collettività, puntando ad un’economia che cerca di essere moderna, inclusiva e sostenibile, al “servizio del bene comune”.
Se la politica dev’essere veramente al servizio dei cittadini, ne consegue che non può essere sottomessa al servizio dell’economia e della finanza e deve diventare espressione dell’insopprimibile bisogno di vivere insieme in unità e coltivare valori comuni, quale la ricerca della salute, del benessere individuale e collettivo, della crescita culturale e formativa.
È ORA DI CAMBIARE
Nel 2050 il 70% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane, in Italia già oggi oltre i due terzi della popolazione vive nelle 14 aree metropolitane. Mentre la popolazione mondiale crescerà fino a raggiungere i 10 miliardi di persone in Europa ed in Italia in particolare si prevede un calo significativo della popolazione appena sostenuto dall’immigrazione.
Ad oggi nulla fa pensare che Genova inverta il trend Genova, anzi se non si fa nulla o si fa poco per inserirla tra le città attrattive, il calo sarà sempre più consistente
Se la tesi su esposta, un po’ azzardata ma non inverosimile, è vera occorre iniziare a considerare questa prospettiva come lo scenario nel quale collocare le iniziative di breve medio e lungo termine e fare scelte coerenti con questa prospettiva recuperando prima possibile quei ritardi cronici che ancora caratterizzano il nostro territorio nell’ambito, per esempio, delle infrastrutture.
La prima questione riguarda l’isolamento di Genova che perdura da troppo tempo e che rende la città poco interessante per insediamenti di aziende, poco attrattiva per nuovi cittadini e poco adeguata a reggere l’economia del mare che è tutta impostata sull’efficienza del sistema logistico.
Le opere previste e tutte codificate in progetti, decisioni formali assunte, provvedimenti legislativi di finanziamento o previste come beneficiarie di risorse devono essere accelerate per impedire che il ritardo già grave ora comprometta quelle residue capacità di essere competitivo del nostro sistema economico e territoriale.
Ad iniziare dalla Gronda di Ponente il cui progetto, pur non il migliore tra quelli possibili, è in una fase talmente avanzata di approvazione che metterlo in discussione significa perdere per sempre la possibilità di realizzarlo. E’ bene quindi avviare il prima possibile i cantieri e valutare, in corso d’opera, quei miglioramenti che riducono l’impatto ambientale senza compromettere l’efficienza dell’infrastruttura. I dati confermano la necessità di un by pass dell’attuale nodo autostradale di Genova che passa in mezzo alle abitazioni , in molti casi a pochi metri dalle finestre, trasportando qualunque tipologia di veicoli ad iniziare dai mezzi pesanti in continua crescita malgrado la pesante crisi del settore (mancano secondo le associazioni di categoria 20.000 autisti) anche per l’aumento dei traffici nei porti liguri, traffici destinarti nelle previsioni al raddoppio entro il 2030.
Altrettanta preoccupazione va espressa per il sistema ferroviario che riteniamo il primo asset a supporto della mobilità delle persone e delle merci.
Anche in questo caso vanno accelerate le seguenti opere:
Infine il Nodo di Genova, oramai in ritardo di oltre 6 anni, ma che rappresenta la vera leva di svolta per il sistema della mobilità urbana. Il completamento consentirà di avere a disposizione una potente linea metropolitana ferroviaria di superficie attorno alla quale ricostruire tutto il sistema del trasporto pubblico locale. Ferme restando le decisioni formali già assunte e quindi contenute anche nel piano economico ferroviario di RFI circa le stazioni urbane, non vanno tralasciate le ipotesi a suo tempo e in più occasioni ribadite ma di fatto mai entrate nei piani di sviluppo di RFI di altre fermate come per esempio Multedo e Cattaneo.
Particolare attenzione deve essere posta alla realizzazione delle nuove fermate di Erzelli/Aeroporto e San Giovanni d’Acri, finanziate e con progetto approvato ma la cui realizzazione è sempre rinviata anche a causa dell’alternarsi di proposte fantasiose come la già decaduta monorotaia, per il collegamento con Erzelli che va assicurato mantenendo integro, per quanto possibile, l’impianto originario del progetto GATE che prevede e giustifica sul piano razionale due sistemi diversi di collegamento. Uno tra la stazione ferroviaria nuova e l’aeroporto e l’altro tra la nuova stazione e il polo scientifico universitario ospedaliero di Erzelli avendo presente la diversa domanda di trasporto (600 pax/h per aerostazione, 3000 per Erzelli e dai conseguenti costi gestionali. La scelta non può che essere tra un sistema funiviario su impianto fisso ( funicolare) o aereo (funivia urbana) per Erzelli lasciando per aerostazione quanto già oggetto di progetto approvato in sede comunitaria e locale.
In questo contesto va meglio considerato il cosiddetto sistema dei quattro assi per il quale il Comune di Genova ha avuto un cospicuo finanziamento ma che ad oggi pare assorbito quasi interamente per la realizzazione di infrastrutture a servizio dei mezzi di trasporto , in parte a parcheggi scambiatori e in altra considerevole quota nel rinnovo della flotta. Il che significa che sotto il profilo della velocità commerciale della competitività del sistema di trasporto pubblico non cambia praticamente niente. L’unico vantaggio potrebbe essere quello di puntare su corsie protette per lunghi tratti ( quasi tutti e non solo parzialmente) che in qualche modo potrebbero essere anticipatori di scelte più radicali, tipo il tram, anche se a ben vedere ha poco senso affiancare due sistemi ferroviari paralleli come avverrebbe a Ponente e val Polcevera.
La scelta del tram, come ampiamente dimostrato, è una straordinaria leva per la riqualificazione urbana oltre ad essere particolarmente interessante sotto il profilo prestazionale. Bisogna però essere consapevoli di cosa viene richiesto per l’installazione dei binari: occorre spostare tutti i sottoservizi che nella nostra città sono di una complessità inimmaginabile. Il che significa che per lunghissimo tempo vengono bloccati lunghi tratti di viabilità in un contesto estremamente asfittico quale è la nostra struttura viaria. Occorre avere ben chiaro questo problema (oltre a quello dei costi che anche questa attività comporta) dirlo con chiarezza ai cittadini e alle attività economiche, avendo ben chiaro che senza ampio consenso non si fa nulla. Il referendum, dopo aver illustrato i disagi nella fase di ricostruzione ma anche gli innegabili benefici una volta completato, è la strada più corretta.
Nel frattempo va completato il proseguimento della metropolitana in Val Polcevera puntando ad un efficace interscambio con la linea ferroviaria, prolungare da Brignole a San Martino (e non limitarsi a Martinez), attivare la fermata di Via SS Giacomo E Filippo molto utile per interventi di riorganizzazione del traffico e della mobilità in Centro e decidere una volta per tutte sul sistema di trasporto per la val Bisagno, unica valle densamente abitata priva di ferrovia. Nel caso la scelta non dovesse ricadere sul tram (valgono le dichiarazioni di sopra) Il sistema individuato dovrà inevitabilmente connettersi ai binari della metro di Brignole, viaggiare in sede propria possibilmente segregata, evitare di interferire con la viabilità esistente specie nelle parti in cui essa a malapena riesce a soddisfare la domanda di trasporto che per i mezzi commerciali è particolarmente elevata.
Al riguardo non si può non considerare il finanziamento che il Ministero avrebbe assicurato al Comune a patto che esso sia finalizzato alla realizzazione del prolungamento della metro in Val Bisagno.
Il tema è complesso perché prolungare la metropolitana in val Bisagno significa interferire con l’alveo del torrente (la cui messa in sicurezza offre qualche possibilità in più rispetto al passato), rifare tutti i ponti (o quasi) pensare al doppio binario (e non uno solo come pare abbia proposto il Comune per contenere la spesa), all’ingombro delle stazioni e al prolungamento graduale fino a Prato. Evitando accuratamente che il sistema transiti a poca distanza dalle abitazioni. Una possibile alternativa (che va verificata anche in questo caso con la compatibilità idraulica e i ponti) è la possibile realizzazione su una via di corsa a sbalzo il che evita la realizzazione in centro alveo ma non risolve i problemi di ingombro delle stazioni lungo la viabilità esistente.
In tutti i casi il sistema prescelto- il programma deve sciogliere il dubbio- dovrà caratterizzarsi non solo per rispondere ai requisiti trasportistici ma per l’elemento di riqualificazione urbana e paesaggistica che può comportare.
Merita inoltre considerare che nel caso di scelte più onerose dello stanziamento previsto il Comune chieda al Ministero di trasferire su questo sistema la quota destinata all’asse protetto.
In questo quadro di trasporto pubblico (rete ferroviaria metropolitana, metropolitana estesa in Val Polcevera e levante, nuove fermate ferroviarie) va inserito la totale riorganizzazione del trasporto su gomma il cui compito principale dovrà essere quello di adduzione dagli insediamenti collinari alle linee di forza del tpl ferroviario e metropolitana.
Sulla scorta delle migliori esperienze europee ed internazionali (Londra, Parigi, New York) risulta oggi fondamentale ridisegnare gli spazi pubblici mettendo al centro le persone e non più le automobili. Strade e piazze con percorsi ciclabili dedicati e protetti e/o chiuse al traffico veicolare privato, significano riduzione delle emissioni, miglioramento delle condizioni di salute, occasione di interazione sociale e migliori opportunità per il commercio locale. Occorre redigere un piano chiaro con delle scadenze precise che individui le aree della città da dedicare prioritariamente a questa funzione. Si tratta di individuare delle zone urbane (anche piccole) da convertire a spazi pedonali e aggregativi .
La città dei “15 minuti” è un concetto che si sta sviluppando rapidamente in Europa. Significa fornire al cittadino tutti i servizi nel raggio di pochi minuti dalla propria abitazione.
E’ una sfida per molte città, ma anche una occasione unica per riqualificare e rigenerare spazi oggi poco o male utilizzati.
La mobilità condivisa (moto, bici, monopattini) sarà un valido alleato per coprire in maniera sostenibile ed efficace il cd “primo” o “ultimo” miglio, avvicinando rapidamente le persone ai principali nodi del trasporto pubblico, uffici, scuole. La micromobilità (o più in generale mobilità dolce) rappresenta “l’infrastruttura” della città 15 minuti e trova nello sharing un valido alleato. Tuttavia in aggiunta a servizi di sharing free floating (particolarmente su bici e monopattini) che rappresentano una fetta importante ma al contempo portano una complessità e un problema di decoro urbano, sarà opportuno favorire forme di mobilità condivisa anche presso aziende, parcheggi, hospitality, al fine di intercettare domanda incrementale.
Gli orari dei cittadini, soprattutto dopo la pandemia, stanno cambiando, e l’ora di punta è sempre più diluita nel tempo. Questo significa anche riorganizzare il servizio di trasporto pubblico locale, integrando i servizi “tradizionali” e “fissi”, che avranno sempre maggiori difficoltà a rispondere alle reali esigenze dei cittadini, con costi sempre più alti, con servizi a chiamata “on demand” tagliati sulle reali ed effettive necessità dei pendolari.
Le migliori tecnologie e applicazioni possono fornire inoltre un valido supporto agli utenti nelle scelte quotidiane, per pianificare il viaggio in maniera efficiente ed integrare tra loro i vari servizi, siano essi pubblici o privati, di linea o chiamata, condivisi o meno. In questa ottica occorre sviluppare servizi e piattaforme MAAS (Mobility as a Service) che offrano l’integrazione complessiva di tpl, sharing, e on demand.
Per attrarre sempre maggiori utenti sul trasporto pubblico, il servizio deve essere affidabile e garantire standard elevati. Per questo devono essere intercettati fondi nazionali ed europei per rinnovare la flotta di autobus puntando su tecnologie pulite: elettrico e quando sarà possibile idrogeno su tutte, facendo riferimento anche alle migliori esperienze nazionali. Un driver di innovazione ulteriore dovrà riguardare la mobilità a guida autonoma per avviare sperimentazioni su aree urbane come il Centro Storico.
La transizione verso la mobilità elettrica richiede una rete di infrastrutture di ricarica capillare e che risponda alle necessità dei cittadini, con diversi livelli di potenza/velocità a seconda delle esigenze e dei luoghi. Le infrastrutture di ricarica sono elemento abilitante e devono raggiungere la capillarità necessaria a una diffusione di “massa” dell’elettrico.
In questo quadro più che occupare casualmente aree di sosta lunghe le strade dei quartieri già poveri di offerta per gli automobilisti, bisognerebbe realizzare piccoli distretti di ricarica sul modello (più green) dei vecchi distributori di carburanti per quei punti che saranno in grado di offrire una ricarica ad altissima potenza, c.d. Ultra Fast, e quindi rapida e, d’altra parte, prevedere la possibilità di allacciarsi a prese diffuse lungo le strade urbane, ad esempio collocate sui lampioni dell’illuminazione pubblica e chiedere al gestore pubblico della sosta su strada (isole azzurre) di attrezzare le aree di sosta con diffusi punti di ricarica, in entrambi i casi senza riserva del posto per le sole auto elettriche.. Parimenti, come in rari casi già avviene, bisognerà attrezzare i parcheggi in sottosuolo con punti di ricarica; in questo modo, la transizione verso la mobilità elettrica può avvenire con più successo e più rapidamente, grazie non solo agli incentivi statali ma al venir meno della barriera determinata da pochi punti di ricarica, e dalla riduzione del conflitto tra utenti che già inizia a serpeggiare per la progressiva riduzione di spazi di sosta alla generalità dei veicoli a trazione termica.
Restando in tema di sosta occorre aprire anche una revisione del sistema delle aree blu, rivedere l’organizzazione, la tariffa e il sistema delle autorizzazioni e integrare la sosta nella politica generale della mobilità e del trasporto collettivo.
Tale valutazione va fatta in particolare riguardo al centro della città la cui riqualificazione non prescinde dalla mobilità ma anzi ne è fortemente condizionata.
Il centro è per definizione l’area urbana più facilmente raggiungibile con il trasporto pubblico in quanto tutto converge verso il centro come polo principale di attrazione per tutte le attività. Dopo oltre 20 anni e alla luce dell’espansione dei servizi di trasporto collettivi e MAAS, è il caso di rivedere il PUT dell’area centrale traguardando ambiziosi livelli di qualità urbana e ambientale. Un’ampia area carbon free con accessi limitati alle categorie per le quali è indispensabile l’accessibilità e una revisione totale della city logistic.
Questo tema è sempre più rilevante e richiede una severa politica di regolamentazione come avviene in molte città europee con modelli organizzativi ampiamente sperimentati. Proseguire nel disordine e nel caos che contraddistingue la consegna delle merci nella nostra città e non solo nel centro storico. ma qui particolarmente critica, non è più ammissibile e costituisce tra l’altro un modello negativo che incoraggia comportamenti deresponsabillizzati e costituisce alibi per violazioni di ogni tipo.
Una riflessione a parte richiede la politica di mobilità nel centro storico la cui accessibilità, anche veicolare, andrebbe valutata alla luce della necessità di evitare lo spopolamento e delle innovazioni tecnologiche che stanno caratterizzando il mondo dell’automotive.
L’Università di Genova- Scuola Politecnica di Architettura- dipartimento di Designa ha esaminato nel corso di più annualità diverse possibili soluzioni. La tecnologia oggi consente l’utilizzo di microveicoli a guida autonoma ed è in questo contesto che può prendere forma una sistema di accessibilità al centro storico compatibile con la trama viaria e la frequentazione pedonale.
Non di meno occorre prendere in considerazione la mobilità verticale al fine di agevolare la residenza di persone anziane o fragili anche nei piani più alti degli edifici storici. Anche in questo caso non mancano esperienze interessanti che possono essere utilmente replicate.
Infine, anche in considerazione dei fatti connessi alla pandemia,della DAD e dello smart working va ripreso il tema dei tempi della città e il rafforzamento di modalità diverse nel tragitto casa scuola (pedibus etc) e casa lavoro orientando il comportamento dei giovani e dei lavoratori verso modalità più virtuose e salutari.
In questo quadro va rafforzata e dato spazio alla figura del Mobility Manager d’area, come peraltro prevede la legge, affinche sia possibile approntare piani di spostamento casa scuola e casa lavoro attraverso una proficua interlocuzione con i mobility manager della Scuola e quelli aziendali.
A nostro avviso un modello di città così riorganizzata deve anche reinventarsi colmando quelle lacune di natura sociale economica e industriale che ancora la caratterizzano .
A questo proposito noi valutiamo positivamente l’azione del Sindaco
Marco Bucci che ha avuto il merito di imporre un nuovo dinamismo alla città dopo un decennio di confusione e immobilismo.
Noi riteniamo che questo spirito imprenditoriale necessario ad una città da troppo tempo in crisi sia quello giusto per infondere fiducia, attrarre investitori, cambiare pelle alla città senza lasciare ferite. E va perseguito nel rispetto di un dialogo continuo sia a livello itituzionale che direttamente con i cittadini che vogliamo protagonisti delle scelte che li coinvolgono perché occorre generare ricchezza per poterla poi equamente ridistribuire. E produrre ricchezza vuol dire fare tutto ciò che serve per rompere isolamento, favorire l’ insediamento di attività industriali e tecnologiche, assecondare lo sviluppo del porto in una cornice di sostenibilità ambientale e in stretta connessione con l’assetto urbanistico della città e nel riseptto dei diritti dei cittadini.
Sotto il profilo sociale non possiamo che considerare negative le situazioni di emarginazione, povertà e degrado culturale ancora diffuse in alcune zone della città. Il Comune deve dotarsi di una forte organizzazione in grado di leggere attentamente il territorio, intervenire con efficacia nelle situazioni di fragilità, dotarsi di un piano di interventi che accompagni il miglioramento delle qualità di vita al miglioramento della qualità urbana. Non si tratta di distribuire sussidi pur utili per affrontare l’emergenza ma creare le condizioni perché la povertà si riduca il più possibile. E la povertà non è solo l’indigenza di chi non ha lavoro o ha redditi bassissimi, ma anche quella della solitudine che spesso accompagna l’ultimo tratto di vita di molte persone, in contesti degradati, senza servizi e attenzioni. Per questo ci interessa riproporre l’idea di progetti di rigenerazione urbana che siano anche occasione di rinascita individuale e collettiva come forme avanzate di social housing che puntino al recupero di porzioni del Centro Storico con nuove residenze miste tra giovani studenti e anziani soli, o di effettiva integrazione di immigrati attraverso il loro impiego in attività di cura della città (tu mi ospiti io ti aiuto), ad una città che sia attraente per i giovani perché aperta, culla dei diritti civili, con centri di formazioni anche universitaria di eccellenza e con un’offerta culturale che non sia il ripiego di cose già viste ma semmai avanguardia per nuove esperienze.
Ciò non di meno dobbiamo prestare massima attenzione al sistema di assistenza alle persone anziane e spesso ammalate costrette a vivere la parte finale della propria vita in residenze protette i cui limiti sono risultati evidenti con la pandemia e le cui caratteristiche tuttora non corrispondono a quel modello di organizzazione e cura che è necessaria. Va potenziata l’organizzazione di cura e assistenza ( personale medico e paramedico), riammodernate le strutture, rese sempre più simili a moderni centri di comunità che non vecchie strutture assistenziali.
Ma anziano è anche colui che vive solo o all’ interno di una famiglia e che ha bisogno di mantenere attivi i rapporti sociali specie nel proprio quartiere: noi proponiamo che siano istituiti in ogni quartiere Silver Garden, spazi verdi attrezzati dove le persone anziane possono incontrarsi in un clima di sicurezza e protezione, che sia potenziata e resa sicura l’assistenza domiciliare con la richiesta di requisiti specifici formativi per le badanti, sapendo che la soluzione dell’assistenza domiciliare è sempre preferibile al confinamento in un istituto
Gli adolescenti stanno vivendo un periodo tra i più complicati degli ultimi anni: prima la pandemia, ora la guerra sono fenomeni che minacciano la serenità dei nostri ragazzi trasmettono ansia e insicurezza e poca speranza nel futuro, in una città che ai giovani non ha mai dato molto e dove le strutture di socializzazione sono sempre più rare. Sui giovani occorre investire e renderli protagonisti nella loro città sapendo che Scuola e famiglia sono i primi presidi formativi ed educativi ma non sempre sono sufficienti ad offrire opportunità di crescita e valorizzazione delle singole attitudini.
Occorre dunque rafforzare questi presidi e inventarne di nuovi ad iniziare dai “Day College” spazi pubblici o privati in convenzione con il pubblico, dove i ragazzi in autonomia ma sotto l’occhio vigile di educatori, possano svolgere attività creative, sportive, di socializzazione o di recupero dell’attività scolastica in alternativa alla solitudine nella propria casa che spesso trova poi rifugio nella banda di quartiere.
Noi proponiamo che in ogni quartiere, sfruttando tutto ciò che già c’è, dagli oratori ai circoli ricreativi e sportivi, con l’aiuto del Comune si attivi un “Day College” e si crei in città una rete di scambio e collegamento per dare voce ai ragazzi e rendere effettiva la loro partecipazione alla vita cittadina.
SCUOLA
Ed è in questo contesto che il tema della Scuola assume ancora maggiore importanza; non ci soffermiamo in questo caso sui contenuti e sul ruolo della Scuola nel processo di formazione di un giovane e sul rapporto necessario tra formazione e mercato del lavoro ma cogliamo l’occasione per sottolineare che con tutte le risorse che arrivano alla città ad iniziare da quelle previste dal PNRR una quota debba essere riservata alla manutenzione degli edifici scolastici ma soprattutto ad un piano di rinnovo delle strutture scolastiche maggiormente rispondenti non solo a criteri di sostenibilità ma a parametri di sicurezza, gradevolezza ambientale e paesaggistica molto rari da trovare. Sarebbe l’inizio di una nuova fase di attenzione al mondo dei giovani e dei piccoli indispensabile a connotare una comunità consapevole, autorevole e che punta sulle nuove generazioni.
SICUREZZA E LEGALITÀ
A Genova sono presenti – come evidentemente accade in ogni altra grande città – forme diverse di illegalità e di criminalità, connotate da un grado variabile di radicamento, tanto nelle periferie, quanto nelle parti più centrali del tessuto urbano.
Le analisi del fenomeno effettuate nell’ultimo periodo mostrano, in particolare, la situazione del centro storico: la parte della Città che ha costituito tradizionalmente un terreno fertile per le attività di tipo criminale, ma anche quella che negli ultimi decenni ha subito importanti processi di recupero del patrimonio e di trasformazione della società che lo vive.
Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad almeno due fasi: nella prima, a interventi consistenti di restauro del patrimonio storico-culturale e dello spazio pubblico (in alcune parti privilegiate) ha corrisposto, da una parte, l’afflusso di migranti provenienti da Paesi extra-UE, dall’altra l’ingresso di nuove popolazioni come quelle dei city user (movida in generale, studenti, popolo degli aperitivi) e di un nuovo tipo di residenti composto da intellettuali, professionisti, giovani. Nella seconda fase – gli ultimi anni – il fenomeno della gentrification si è fermato, anzi si assiste ad un ritorno verso i quartieri borghesi della Città.
Le ragioni vanno ricercate nella mancata efficacia delle politiche di recupero per l’intero centro storico, nella difficile convivenza col fenomeno della movida, ma anche nella percezione di insicurezza che connota alcune parti del tessuto storico, in particolare quelle interessate dalle nuove immigrazioni di “irregolari” e richiedenti asilo, che hanno trovato nei “vicoli” residenze a basso prezzo, in edifici fatiscenti e in condizioni di estremo sovraffollamento. Costoro costituiscono la manodopera privilegiata delle attività illegali, tradizionalmente gestite da famiglie mafiose italiane che investono i proventi delle attività criminali per l’acquisizione di beni immobili in grande quantità ed in particolare in alcune zone ( vedi Via della Maddalena) come a voler marcare il territorio.
Secondo attenti analisti il vero controllo del territorio avviene in condizioni di apparente invisibiltià: senza clamore o fatti eclatanti. Le organizzazioni criminal-mafiose non hanno interesse a fare rumore; anzi, mirano a coltivare i propri affari lontano dai riflettori, senza attirare l’attenzione delle forze dell’ordine.
Nel centro storico Genovese c’è qualcosa di simile, come da tempo denunziano gli abitanti e i commercianti. Queste organizzazioni riducono al minimo gli episodi eclatanti. E’ un meccanismo lento, quasi impercettibile, di infiltrazione e di “conquista” che non si limita al già grave fenomento delle spoaccio e della prostituzione ma si addentra in quello più pernicioso del subentro alle attività commerciali in crisi con meccanismi di tipo usurario/estorsivo. Viviamo una forte contraddizione: quanti negozi, con la crisi economica, hanno cambiato proprietario? Sono sempre meno le botteghe storiche genovesi. Al contempo però si assiste ad un vero e proprio florilegio di altre attività, che alimentano circuiti criminali: minimarket, fruttivendoli, money transfer e phone center…
A questo, occorre affiancare, negli ultimi anni, la strutturazione di alcune forme organizzate di criminalità straniera dedita allo spaccio alla vendita di capi contraffatti, piccole estorsioni. benché siano periodicamente oggetto delle attenzioni delle forze dell’ordine, “tornano in pista” a stretto giro, o comunque sono interessati da un continuo turn over (fenomeno che garantisce un controllo stabile di certe attività).
Spesso si parla di “accettazione sociale del centro storico come imbuto del disagio”, con conseguente rassegnazione e rimpallo di responsabilità/competenze tre le varie Istituzioni. Si ricevono sempre risposte difensive, non esiste una vision.
Di fronte a questa situazione le istituzioni sono chiamate ad assolvere all’impegno con lo sforzo maggiore possibile: all’impegno delle forze dell’ordine e alla magistratura inquirente che deve puntare allo smantellamento della rete del narcotraffico deve corrispondere l’impegno delle Istituzioni Comunali (e Regionali) per incentivare e sostenere tutte le attività di inclusione sociale, valorizzando le realtà dell’associazionismo e del volontariato, impegnate in una lotta quotidiana contro il degrado, per il riscatto del proprio quartiere. C’è un sottobosco di grande fermento che rappresenta la parte più bella della città vecchia e può stimolarne la rinascita.
In secondo luogo, è fondamentale salvaguardare le botteghe storiche e artigianali, proteggere i commercianti che fanno scelte “etiche”, combattere i negozi che alimentano circuiti criminali.
E’ fondamentale, infine, impegnarsi sul tema della vivibilità degli spazi, combattendo il disagio e la paura. A questo scopo, prioritari risultano il recupero, la manutenzione, la promozione, la valorizzazione di spazi e luoghi di comunità (di cultura, di aggregazione, di fruizione del tempo libero e delle attività sportive). Ad iniziare dal riutilizzo ai fini sociali dei beni confiscati alla criminalità organizzata e, in parallelo, promuovere in parallelo lo sviluppo economico e sociale del territorio, operazione complessa che dovrebbe essere pianificata dalle Istituzioni attraverso il coinvolgimento costante della cittadinanza, nell’ottica di costruire in modo partecipato una comunità più forte, solidale e sicura.
Un discorso particolare meriterebbe la riqualificazione delle periferie, che in questi ultimi anni sono andate incontro ad un degrado non più accettabile, dove spesso gli abitanti si sentono abbandonati al loro destino.
Un passo decisivo e molto importante è stato l’abbattimento della Diga di Begato avvenuta dopo la ricollocazione degli abitanti in altri immobili senza alcuna tensione sociale o forzatura. Un esempio di coraggio e lungimiranza che va apprezzato. Comunque un segnale di un’attenzione alle situazioni di maggior degrado fisico e sociale a cui occorre dare seguito anche alla luce della crescente domande di case pubbliche che la situazione di crisi ha fatto emergere,aromento su cui brevemente torneremo.
Noi riteniamo che la democrazia si difenda con il radicamento della cultura della legalità, della certezza del diritto e della sicurezza e tutto questo passa attraverso un sistema integrato di educazione, prevenzione e controllo. Nessuno di questi elementi è disgiunto dall’altro.
Legalità, rispetto delle leggi e solidarietà umana per noi sono tutte facce della stessa medaglia e rappresentano il giusto modo per garantire la convivenza civile nella serenità, nel progresso, nel miglioramento delle condizioni di vita di tutti. E questo vale ancor di più nel caso di convivenza tra etnie diverse il cui presupposto del rispetto delle regole e della legalità e’ decisivo per convivere in una società democratica, aperta e solidale.
Il capitolo CASA richiede particolare attenzione sia con riferimento all’enorme patrimonio privato sfitto che a quello pubblico altrettanto numeroso ma poco utilizzabile date le condizioni di fatiscenza in cui versa. Vanno affrontate con urgenza le situazioni più difficili e individuato un sistema di collaborazione tra inquilino e Comune che consenta l’occupazione della casa, la sistemazione a carico dell’inquilino a sconto del canone di locazione fino a copertura delle spesa e la possibilità di riscatto.
E’ impensabile a fronte di un patrimonio cos’ esteso avere migliaia di persone in attesa di una casa pubblica con il rischio, abbastanza diffuso, di finire a dormire in macchina o per strada. E’ un’onta di cui la città deve liberarsi.
I SERVIZI PUBBLICI
Il tema dei servizi pubblici, di cui tanto si è già detto riguardo ai trasporti e alla mobilità deve anche considerarsi in relazione a quello dei rifiuti, della manutenzione della città, del sistema fognario e dell’acqua.
Sui rifiuti riteniamo indispensabile che si completi quanto prima il sistema di trattamento in corso di realizzazione a Scarpino, si costruisca il biodigestore puntando da un lato alla produzione di energia dal trattamento dei rifiuti e dall’altro a ridurre signifìcativamente il trasporto al di fuori della regione con costi sempre più elevati che poi vengono ribaltati nella TARI.
La diffusione degli Ecopunti, avviati con successo nel Centro Storico e la diffusione dei cassonnetti per il conferimento della spazzatura di nuova generazione sono un segnale importante per un cambiamento atteso da anni e che se portato a compimento anche con l’utilizzo di un’apposita tessera che consenta di apprezzare la modalità con cui viene conferito il rifiuto separandone la tipologia, consentirà non solo di traguardare l’obbiettivo della raccolta differenziata ma soprattutto quello di ridurre il costo, e quindi il tributo, che grava sul cittadino.
Noi riteniamo comunque che vada rafforzato il sistema di pulizia della città che seppur lievemente migliorata, è in molto ambiti ancora carente.
Così come la cura del verde e dei manufatti urbani che sono ambedue segni distintivi di qualità.
Anche in questo caso abbiamo apprezzato una migliore organizzazione di Aster e l’inserimento di nuovo giovane personale ha agevolato una maggiore attenzione specie nei parchi cittadini, ove, tuttavia, la cura costante di cui avrebbero bisogno non ha raggiunto quei livelli di soddisfazione che viene richiesto. I parchi cittadini e le aree verdi sono uno dei beni comuni più preziosi che ha la città, non solo perché costituiscono elemento di pregio per il paesaggio ma perché sono isole di benessere per bimbi e anziani di cui non ci si può privare. Curare il verde pubblico sia nelle piccole aiuole che nei più grandi giardini o ville storiche costituisce un costo significativo e richiede un’organizzazione impegnativa. Noi pensiamo che il ricorso al volontariato, da incentivare in diversi modi, la contribuzione privata sotto forma di sponsorizzazioni, l’utilizzo di piccole cooperative di quartiere formate da immigrati o rifiugiati sotto la guida di personale esperto di Aster possa costituire un grande contributo alla valorizzazione e conservazione allo stato ottimale del verde pubblico.
Già cinque anni fa proponemmo forme associative di quartiere cui assegnare la manutenzione del verde o degli elementi di arredo (panchine, ringhiere, cancellate etc) in cambio della riduzione di addizionale IRPEF; metodo che va attentamente studiato ma che va colto nella sua più ampia portata ( si riducono i costi per il Comune, si mantiene e valorizza un bene comune, si riduce il costo ai cittadini coinvolti).
Infine riteniamo vada perseguito l’obbiettivo di implementare le alberature in città, anche riducendo spazi per la sosta dei veicoli a vantaggio di percorsi pedonali alberati.
MANUTENZIONI
Questo continua ad essere un punto critico della nostra città; sarà per la continua e diffusa opera di scavo per rinnovo impianti tecnologici e idrici, sarà per una scarsa attitudine ad apprezzare l’integrità di marciapiedi, righiere etc , sarà ancora per la trascuratezza con la quale vengono segnalate con transenne mobili punti di rischio poi abbandonate al degrado, sarà per tutte queste cose ma è evidente che il livello manutentivo generale è ancora fortemente insufficiente.
I prossimi cinque anni dovranno essere non solo quelli del compimento di importanti opere pubbliche ma anche quello di investimenti consistenti su un piano straordinario di manutenzione anche ricorrendo, se ce ne fosse l’opportunità ai fondi del PNRR. Non solo nel centro della città ma in tutta la città portando il bello ovunque.
TURISMO
E’ questo un ulteriore modo per attrarre turisti già incuriositi dall’enorme patrimonio artistico e culturale che Genova offre, ma che vanno attratti e mantenuti per la complessiva qualità che la città può offrire.
Solo così si può sperare di uscire dal turismo mordi e fuggi delle crociere, fortunatamente in costante aumento e ripresa dopo la tragIca pausa del ponte crollato e della pandemia ma con ricadute modeste sul tessuto commerciale della città puntando, da un lato a mantenere ed accrescere il turismo crocieristico (non foss’altro per l’effetto promozionale che l’impatto positivo della città lascia al visitatore mordi e fuggi) e dall’altro a costituire le premesse perchè Genova sia la città dove non solo è bello e salutare crescere, vivere, lavorare e studiare ma anche una meta turistica per soggiorni prolungati.